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Museo di Roma

Il settecentesco Palazzo Braschi, nel cuore della Roma Rinascimentale e Barocca, è la sede del Museo di Roma. La collezione del Museo, all’interno nel palazzo, costituisce il miglior racconto per immagini della città Eterna che si possa vedere, con quadri, opere grafiche e fotografie dal Seicento al Novecento.

Der Palazzo Braschi aus dem 18. Jahrhundert, im Herzen Roms der Renaissance und des Barocks, beherbergt das Museum von Rom. Die Sammlung des Museums, die im Palast untergebracht ist, stellt die beste Geschichte der Bilder der Ewigen Stadt dar, die man sehen kann, mit Gemälden, Grafiken und Fotografien vom 17. bis zum 20. Jahrhundert

Contatti

Museo di Roma
Piazza San Pantaleo, 10
IT-00186 Roma

E-Mail: museodiroma@comune.roma.it

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I Colori dell’Antico. Marmi Santarelli ai Musei Capitolini

In esposizione un’ampia panoramica sull’uso dei marmi colorati, dalle origini fino al XX secolo, attraverso una raffinata selezione di pezzi provenienti dalla Fondazione Santarelli.

In due sale di Palazzo Clementino ai Musei Capitolini, accanto al Medagliere, una preziosa selezione di oltre 660 marmi policromi di età imperiale provenienti dalla collezione capitolina e dalla Fondazione Dino ed Ernesta Santarelli. Grazie ad un comodato gratuito decennale, l’allestimento offre una visione sull’immensa quantità di pietre importate a Roma: un’occasione unica per ripercorrere, attraverso forme, colori e fantasie, la storia millenaria della capitale da un punto di vista artistico ma anche socioculturale, politico ed economico. L’uso dei marmi policromi caratterizzò infatti in modo determinante l’architettura romana di età imperiale.

L’allestimento si sviluppa in due sale. Nella prima sono esposti 82 frammenti policromi provenienti dalla Fondazione Santarelli; l’altra ospita due coppie di campionari, una del primo ’800 con 422 pezzi, sempre della Fondazione, l’altra pertinente alla collezione Capitolina, iniziata nella seconda metà dell’800 dalla famiglia Gui e costituita da 288 formelle. Nella stessa sala è presente anche una testa di Dioniso montata su busto non pertinente femminile (composta da otto tipologie marmoree diverse e una selezione di strumenti per la lavorazione del marmo provenienti dalla bottega Fiorentini).
In loop viene proiettato un documentario, a cura di Adriano Aymonino e Silvia Davoli, che ripercorre la storia di queste materie giunte a Roma in relazione alla politica di espansione dell’impero.

L’allestimento vuole raccontare la stretta connessione tra la presenza di materiali non-autoctoni alla città di Roma e l’espansione politica, economica e geografica dell’antico Impero Romano, tracciando territori e reti geografiche attraverso la storia e la memoria.
Infatti, poiché le grandi strade dell’impero partono dal centro della città antica, la collocazione dei marmi rispecchia le cardinali da cui giunsero a Roma.
Ne consegue un colpo d’occhio istruttivo, che indica le civiltà più avvezze alla lavorazione del marmo al momento della conquista romana.

L’uso di alcuni marmi colorati risale al Neolitico o alla tarda età del bronzo, come il duro serpentino verde. In Egitto i faraoni sfruttarono qualità diverse e l’ultima loro dinastia, i Tolomei (305 – 30 a.C.), ampliò il repertorio con porfidi e alabastri, che saranno in seguito apprezzati a Roma. Qui prevalse a lungo il rifiuto del lusso, preferendo idee e materie tratte dalla tradizione. L’introduzione di alcuni marmi colorati risale al periodo repubblicano, come il giallo antico e il pavonazzetto, mentre la loro diffusione è da collegarsi all’imperatore Augusto. Il maggior assortimento di marmi colorati risale ai Flavi (69-96 d.C). Molte cave divennero imperiali con gli Antonini, che accrebbero quelle extra italiche. Le tinte erano ravvivate da levigature, grassi o cere e dovevano correlarsi a dipinti e decorazioni, andati quasi tutti perduti.

Estrazione, lavorazione e trasporto necessitavano di moltissimi addetti, i quali dovevano essere bene addestrati e disciplinati. È possibile che Augusto e i successori abbiano voluto deliberatamente finanziare queste attività anche per favorire l’amalgama etnica e sociale entro l’enorme estensione dell’impero, volendo coinvolgere economicamente i popoli conquistati. I costi furono comparabili a quelli di campagne militari e devono aver avuto motivazioni adeguate. Ma il motivo non è del tutto chiaro. È stato interpretato come desiderio del lusso, di aumento del gettito fiscale e di rappresentazione simbolica dell’estensione imperiale.

La progressiva dissoluzione militare, politica, amministrativa ed economica occidentale, che corrisponde all’Alto Medioevo, vide chiudere la maggioranza delle cave e successivamente la forte tendenza al riuso di materiali antichi. Si andò sviluppando un’arte nuova, che avrebbe sfruttato in modo originale i marmi colorati. Si diffusero i pavimenti con lastre reimpiegate intere o sminuzzate, a formare motivi geometrici. Le tinte di qualche marmo antico echeggiarono nell’architettura romanica e gotica, in Toscana e in altre regioni, facciate e campanili striati di bianco e di rosso (o verde), imitavano il porfido e il serpentino, come fece più esattamente anche la pittura trecentesca.

Nella più organica ripresa dell’antico, il Rinascimento, si nota un dato contraddittorio e trascurato: le vive tinte di Roma furono sbiadite o reinventate. Un cambiamento si deve alla maturità di Raffaello, nelle Stanze vaticane, a partire da quella dell’Incendio (1514-1517), dove sono congruamente dipinte diverse pietre colorate. A metà Cinquecento a Firenze si sviluppò la tarsìa marmorea (dal 1588 con l’Opificio delle Pietre Dure), che sembra riflettersi nello stile del Bronzino. Si diffusero allora anche i dipinti su ardesia e poi su altre qualità lapidee.

I vivi colori di Roma innescarono presto un luogo comune: sarebbero stati eccessivi, corrompendo la misurata semplicità greca. È un’idea che riemerge nella storia dell’arte, nei giudizi su Manierismo e Barocco quali degenerazioni dell’equilibrio rinascimentale. Nel primo Rinascimento, quei colori dovevano vedersi meglio di ora, specialmente nei marmi, che non avevano subito secoli di spoglio, né l’azione dell’inquinamento. Eppure tante immagini della città li mostrano sbiaditi, fino al Neoclassicismo e ancora oltre. Può darsi che quel “filtro” servisse a rendere credibili le immagini riferite al passato, poiché qualcosa di simile si vede nel flashback cinematografico, spesso in bianco e nero o con colori alterati. Tali modifiche possono aver aiutato ad usare l’immagine artistica come macchina del tempo.

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Tour Virtuali

Viaggio digitale tra otto musei civici e i loro capolavori

I tour virtuali dei musei civici offrono una visita a tutto schermo delle sale e consentono un'esperienza virtuale a tutti che supera i limiti spaziali.

Utilizzando il mouse e la tastiera, cliccando sugli hotspot inseriti negli ambienti e navigando le mappe interattive la visita si approfondisce con elementi di contesto: foto, video e testi e il percorso è scelto liberamente dal visitatore.

Disponibili sia in italiano sia in inglese con oltre 300 sale e migliaia di opere, gli 8 musei civici offrono gratuitamente un percorso virtuale arricchito da immagini, video, audio e testi informativi.

La visita è fruibile su qualsiasi tipo di device, anche da dispositivi mobili come smartphone e tablet, con ulteriori supporti come gli appositi cardboard o visori VR.

I tour virtuali coprono la quasi totalità dello spazio museale con contenuti multimediali, fotografie a 360° navigabili mediante un’apposita plancia di comando per spostarsi virtualmente all’interno delle sale, pannelli esplicativi delle sale e delle opere, comandi per zoomare e ruotare a 360° l’immagine, mappa del percorso, gallerie fotografiche, video e altri contenuti di contesto.

La sezione “da non perdere”, contenendo un pratico elenco visuale di opere o sale selezionate, rappresenta uno strumento utile per chi non conosce il museo e lo visita per la prima volta.

Infine, nei Tour Virtuali della Centrale Montemartini, del Museo di Roma e del Museo delle Mura, grazie a droni di ultima generazione, il visitatore può vedere sale e opere dall’alto, godendo di un ulteriore e inedita prospettiva di visita del museo e anche della città.

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Il settecentesco Palazzo Braschi, nel cuore della Roma Rinascimentale e Barocca, è la sede del Museo di Roma. La collezione del Museo, all’interno nel palazzo, costituisce il miglior racconto per immagini della città Eterna che si possa vedere, con quadri, opere grafiche e fotografie dal Seicento al Novecento.

Der Palazzo Braschi aus dem 18. Jahrhundert, im Herzen Roms der Renaissance und des Barocks, beherbergt das Museum von Rom. Die Sammlung des Museums, die im Palast untergebracht ist, stellt die beste Geschichte der Bilder der Ewigen Stadt dar, die man sehen kann, mit Gemälden, Grafiken und Fotografien vom 17. bis zum 20. Jahrhundert

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Mostre / Museo Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco Roma, Corso Vittorio Emanuele 166/A
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Mostre / Visite turistiche Villa di Massenzio Roma, Via Appia Antica, 153
Mostre / Museo Museo delle Mura Roma, Via di Porta San Sebastiano, 18

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